Biscotti di San Martino

Dalle mie parti (numero due) a San Martino si mangia l'oca... Idea che non mi trova molto entusiasta, sia per il poco interesse nei riguardi della carne, sia perché il simpatico pennuto, già tendente al grasso di suo, viene ulteriormente ingrassato per l'occasione: non so se mi spiego! 
Non so quanto il piatto tradizionale che si usa in questi giorni dalle mie parti (numero uno) sia più leggero del Martingans, ma sicuramente un po' lo è. Si tratta dei panuzzi di San Martino, biscotti duri - ma duri sul serio, se cercate di morderne uno intero - aromatizzati all'anice, che si mangiano a pezzetti, da soli o intingendoli nel vino dolce: e quella è, garantito, la fine loro. L'ho scoperto tardi, perché fanno parte di quella roba che non mi piaceva finché ce l'avevo sempre a disposizione: ma giusto in tempo per imparare a produrne una versione made in Berlin.
A Palermo in questo periodo impazzano e si trovano dappertutto: ma non è difficile prepararli in casa. Servirebbe il lievito madre, ma vi indicherò anche una versione con lievito di birra. Le ho usate tutte e due, e sebbene quella con il lievito madre sia sicuramente la migliore, con la seconda non vi discosterete poi tanto dall'originale, anche perché ho qualche dubbio che in tutte le pasticcerie di Palermo, nel 2011, si abbia voglia di star dietro al lievito. Anzi.
Ma il mio Frankenstein è vivo e pimpante, e quindi partiamo con la ricetta che lo vede protagonista! 
  • 500 g. di farina 00;
  • 70 g. di strutto;
  • 2,5 g. di sale;
  • circa 100 ml. di acqua; (200 se si usa il lievito di birra;)
  • 140 g. di zucchero;
  • 200 g. di lievito madre; (15 g. di lievito di birra)
  • 1 cucchiaio di semi d'anice;
  • 1/2 cucchiaino di semi di vaniglia;
  • 2-3 chiodi di garofano macinati in polvere.
Impastare con cura la farina a fontana con acqua e strutto e con gli aromi, e poi aggiungere zucchero e lievito madre; in ultimo il sale, tenuto da parte nella classica "buchetta" nel mucchio di farina. Se l'impasto è troppo duro, si può intervenire con qualche altro cucchiaio d'acqua, molto gradualmente perché non dev'essere comunque molle o appiccicoso. Lasciare lievitare un po' fino a che la pasta non inizia a dare "segni di vita", e poi prelevare porzioncine da 60-70 grammi; formare con queste dei serpentelli e arrotolarli su se stessi a chiocciolina. Ecco i panuzzi: vanno posti sulla teglia e lasciati stare fino al raddoppio del volume (circa 5-6 ore qui in Germania, con 22 gradi in casa), dopo di che sono pronti per la prima cottura: 200 gradi per 15 minuti. Lasciateli raffreddare e poi da capo: 160 gradi per 15 minuti. Di nuovo, raffreddamento e terzo round di cottura: 150 gradi per 15 minuti; volendo si possono poi lasciare nel forno spento e leggermente aperto per tutta la notte. 
Non è finita. Come vi dicevo, si mangiano col moscato o col Marsala, e già così sono un'esperienza. Ma esiste anche il sammartinello ripieno: di conserva di cedro, rivestito di glassa e decorato con eccesso tutto siciliano - ghirigori colorati, perline argentate, diavolicchi, e un cioccolatino Grifo a completare l'opera. Oppure il sammartinello rasco: cioè questo qui!

Se tagliate la calotta ai panini quando sono ancora tiepidi, li spruzzate con una bagna di acqua, zucchero e vino dolce (in proporzione 200 g. di acqua, 50 g. di zucchero e 70 ml. di moscato o Marsala-a me piace ben liquorosa...) e li riempite, scavandoli leggermente, con crema di ricotta (ricetta qui), otterrete per l'appunto il rasco, che ha il vantaggio di non richiedere, per la decorazione, il contributo di Michelangelo: lo zucchero a velo con cannella va più che bene!

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