Il panettone tradizionale

Questa finora mancava! O meglio era mancato il coraggio di misurarsi col mostro sacro dei lievitati. Ma dati i risultati più che confortanti della colomba pasquale - in quell'occasione Frankenstein il lievito si comportò davvero da signore - quest'anno ho deciso di provarci. La ricetta è quella di Francesco Elmi, che ho scelto perché mi sembrava la più affidabile per ottenere il risultato che volevo io, cioè un panettone soffice soffice che si "sfilaccia" quando lo tagli, e perché d'altra parte coincideva per lo più con quella di Rinaldini, Zoia e altri noti professionisti del settore.
Certo è roba per veri duri: il lievito deve fare un po' di palestra per arrivare al momento clou pronto a dare il meglio di sé, e pertanto il lavoro inizia tre giorni prima; e va programmato in tempo perché il sapore del panettone trae giovamento da almeno dodici ore di riposo in sacchetto, prima che lo si gusti. Per dare un'idea, per potere avere il dolce pronto per la vigilia di Natale, che quest'anno era un sabato, ho iniziato a lavorare il martedì nel tardo pomeriggio. Inoltre, a seconda della temperatura, bisogna mettere in conto che la creatura ci disturbi il sonno... non so dove lavori Elmi, ma qua non c'è caso di sbrigarsela con poco, in questa stagione la lievitazione dura molto a lungo. E non decidete voi quando infornare; decide lui! E potrebbe farvi fare le ore piccole. Molto piccole.
L'avventura inizia naturalmente con i rinfreschi del lievito.
Il primo giorno si parte intorno alle 17:00. Operazione uno: 25 grammi di pasta madre, da rinfrescare con 25 g. di farina Manitoba e 13 di acqua. Via per 3-4 ore, come sempre.
A seguire, operazione due: 50 g. del nuovo lievito.+50 farina Manitoba + 25 acqua. Questo è un rinfresco del tipo che io chiamo rinfresco sadomaso, ma tecnicamente noto come legatura: prendiamo un pezzo di stoffa robusta, ben infarinato, ci leghiamo la pasta a mo' di salame, lo mettiamo in un recipiente che lo contenga giusto giusto, e lo lasciamo perdere fino all'indomani.

E l'indomani, si riparte. Operazione uno bis, 25 g. del lievito ottenuto + 50 farina Manitoba +25 acqua. Via per 4 ore.
Operazione due bis, 50 g. del lievito ottenuto + 50 farina Manitoba +25 acqua
Operazione tre, da capo: 50 g. del lievito ottenuto + 50 farina Manitoba +25 acqua. Riposo per 4 ore e poi,  quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare.
Quello che resta dai rinfreschi lo metto tutto insieme, ci faccio quello che voglio perché... Buttarlo no,  la Manitoba costa cara!
Per il primo impasto teniamo pronti:
  • 100 g. di zucchero Zefiro
  • 90 g. di acqua
  • 130-135 g. di tuorli (sono 7 col rosso piccolo o 6 col rosso grande, Elmi dice 135, ho sperimentato che se non concide esattamente il peso la cosa non inficia il risultato)
  • 110 g. di lievito madre
  • 225 g. di farina Manitoba
  • 145 g. di burro (non si scappa).

Qui lavora l'impastatrice, anche qui non c'è alternativa. Montiamo la frusta K e mettiamo nella ciotola 56 g. dell'acqua e lo zucchero; lasciamo sciogliere facendo girare un po', per poi aggiungere i tuorli leggermente sbattuti. Facciamo girare 1 minuto a velocità min.
Aggiungiamo il lievito madre a pezzetti, facciamo girare finché non si scioglie, e probabilmente qui avrete l'impressione che sia tutto troppo grumoso, ma niente paura. Un paio di minuti a vel. tra min. e 1 e poi aggiungiamo metà della farina a spolverate (col cucchiaio), lasciano incordare, sempre al minimo dei giri.
Aggiungiamo il burro in 4 porzioni insieme al resto della farina, sempre a spolverate, e lasciamo incordare; poi il resto dell'acqua, piano piano, sempre lasciando incordare l'impasto per benino. 
Il tutto, vedrete, avrà preso circa mezz'ora, tre quarti d'ora al massimo; e inizierete a pensare che in fondo il panettone sembra cattivo, ma è molto meno fastidioso di una crostata, come procedimento e roba da lavare.
Lasciamo nella ciotola, coperto con pellicola senza sigillare, e buonanotte ai suonatori. Il volume deve triplicare, se non è maturo non si inizia nemmeno se cade il mondo, altrimenti ci punirà lievitando male. Ora a questo punto, Elmi parla di dieci ore. Io l'ho lasciato in forno spento per tutta la notte e al mattino...
... al mattino, tristezza.
Non ce l'aveva fatta.
A questo punto ci sono diverse reazioni: la reazione del secchione (Nella ricetta doveva esserci un errore); il colpevolista (Lo sapevo! Perché ho preso la ricetta suggerita dal blog di Antonella e non quella sul blog di Radegonda, Fulberto, Teopompo, che con loro non si sbaglia mai?); il bravo bambino (deve essere sicuramente colpa mia... dove ho sbagliato?); il disfattista (Ok, lo butto, abbiamo scherzato). Io per fortuna, dopo essere passata attraverso tutte e quattro le fasi sono arrivata all'atteggiamento del razionalista: cioè ho guardato fuori dalla finestra e ho detto: ma ci rendiamo conto che siamo a quattro ore di autostrada da Varsavia? ho preso la creatura e l'ho sistemata vicino al termosifone. Con cinque ore in più, in totale 16 ore, il nostro eroe è pronto per il secondo impasto.
Questa storia ve la racconto perché eventualmente nessuno si scoraggi se dopo il tempo previsto la pasta non è ancora lievitata abbastanza: la temperatura ottimale è di 27-30 gradi! Altro che Berlino...
Al momento giusto (quindi, quello che decide lui), predisponiamo
  • 56 g. di farina M
  • 23 g. di zucchero
  • 33 g. di tuorli (2 piccoli, gli albumi li teniamo se vogliamo glassare il panettone)
  • 30 g. di burro
  • 5 g. di sale
  • L'uvetta (135 g. Elmi, 100 io perché di più mi dà noia)
  • i canditi (100 g. all'arancia, io non li uso perché nel panettone non mi piacciono)
  • Buccia gr. di 1 limone piccolo e 1 arancia piccola
  • Semi di 1 bacca di vaniglia

Impastiamo 10 g. del burro; con la buccia di limone e la vaniglia.
Montiamo la frusta K, facciamo fare un giro all'impasto a vel min.; aggiungiamo la farina a spolverate, lasciando che si assorba, poi 
- i tuorli leggermente sbattuti con lo zucchero, e lasciamo incordare
- il burro aromatizzato, e lasciamo incordare
- il sale e il resto del burro, e lasciamo incordare; vedrete come si stacca dalle pareti!
- e per ultimo i canditi e l'uvetta passa.
montiamo adesso il gancio: e vai 2 minuti a vel. tra min. e 1
(vale la prova-velo come per il babà; preso tra pollice e indice l'impasto deve "tirare" e diventare trasparente).
Versiamo la pasta su un piano, per i più fortunati di marmo, magari un pochettino unto; diamo una forma a palla, copriamo a campana, lasciamo perdere per mezz'ora; poi facciamo la pirlatura, cioè continuiamo ad appallottolare la pasta facendola ruotare su se stessa (ci sono una quantità di video per dimostrare come); e a questo punto... finalmente possiamo mettere il panettone nello stampo, acchiappandolo con la spatola di plastica, parte tonda verso l'alto!
Lo lasciamo  perdere indisturbato per 8 ore (consigliate da Elmi, in Germania 11) finché la cima della cupoletta non arriva al bordo dello stampo. Da guardare è uno spettacolo. 40 minuti prima d'infornarlo lo scopriamo, perché si formi una leggera pellicola; e immediatamente prima la incidiamo a croce, molto, ma molto superficialmente, con una lama affilata. 
Il forno lo riscaldiamo a 200 gradi, ma dopo i primi cinque minuti di cottura la temperatura va abbassata a 165: passaggio superimportante, perché conosco una persona che l'ha dimenticato... e ha "ammazzato tutte cose" per dirla alla palermitana...restandoci malissimo per la fatica sprecata e anche per avere scoperto che la parte che era riuscita a lievitare era cosi buona che, se due più due fa quattro...

Il panettone deve cuocere 40-45 minuti; e per proseguire il trattamento crudele già riservato al lievito, quando sarà pronto lo dovrete impiccare. Servono due ferri da calza o spiedini e due grossi libri, genere vocabolario, da mettere in piedi paralleli tipo dolmen. Infilziamo il mostro alla base e lo appentiamo a faccia in giù tra un tomo e l'altro, lasciandolo raffreddare in questo modo. E poi, in busta di plastica per dodici ore o più, per amalgamare i sapori. Se sarete riusciti a resistere all'avventura, vi sarete meritati un'esperienza per cui non c'è confronto col panettone industriale e il suo sapore di merendina in sacchetto. Dopo una settimana è ancora soffice come il primo giorno, e il buon marito, davanti all'ultima fetta, si chiedeva se non fosse il caso di conservarla come ricordo, per non dover ammettere che adesso era finito davvero...

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