Tarallini pugliesi

Ad espressa richiesta del coniuge, tirati fuori perché qualche settimana fa mi stavo spremendo le meningi alla ricerca di un modo per far fuori un po' di pasta madre, dopo l'immancabile impresa pasquale... la colomba! Il brav'uomo non è molto abile a farsi venire idee quando gli si chiede cosa gli va per cena, però in questo caso il suo contributo è stato utilissimo.
La ricetta la trovate su Cookaround, leggermente modificata per quanto riguarda sale e aromi. Grazie a Myriam, autrice dell'originale (e della conversione per la lievitazione naturale). Tenete presente che malgrado l'aspetto "fessacchiotto", i taralli non sono rapidissimi da preparare, richiedono lessatura e una fase relativamente lunga di asciugatura; contate di iniziare la mattina per cuocerli nel tardo pomeriggio.  Però ne vale la pena: io ne preparo di solito metà dose ma nulla vieta di conservarli nella solita scatola di latta, non perdono le loro caratteristiche.
  • 400 g. di farina 00;
  • 100 g. di olio d'oliva;
  • 50 g. di acqua;
  • 100 g. di vino bianco;
  • 12 g. di sale (15 se li preferite ancora più "decisi");
  • 150 g. di lievito madre;
  • semi di anice 
E qua bisogna dire che l'anice va nella ricetta pugliese di Puglia; ma non mi fa impazzire, e quindi lo uso giusto per "rispetto", ma in una piccola parte dell'impasto, e nell'altra mi scateno con roba che mi piace di più, e cioè il sesamo e i semini di nigella o kalonji (certi semini neri che si usano nella cucina indiana e hanno un aroma che ricorda tanto la pizza!).
Dunque impastiamo tutti gli ingredienti, formiamo tanti serpentelli, li attorcigliamo e lasciamo lievitare per bene; tre, quattro ore. Poi procediamo alla lessatura; acqua bollente e ragioniamo come per gli gnocchi, tirando su i tarallini appena vengono a galla.
Li mettiamo ad asciugare su un telo e siamo liberi; ancora un paio d'ore, finché non sono ben asciutti. Poi possono essere cotti a 200 gradi fino a completa doratura: devono essere croccanti. Ma resistete: si mangiano ben freddi!

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