Buttermilk Scones II

Quanto tempo che non preparavo gli scones! L'idea me l'ha data un pugnetto d'uvetta passa che attendeva d'essere utilizzata in modi diversi che per il rifornimento d'energie post-allenamento sportivo. Invece che la solita ricetta alla panna, quella della Williams-Sonoma, stavolta mi ha preso "nostalgia" (americanissima nostalgia) dei buttermilk scones, quelli preparati col latticello e noti per la particolare sofficità e perché... diciamolo pure, sono più leggeri, il che non guasta.
La ricetta? Ottenuta cogliendo fior da fiore, e avendo ben chiaro quale dovesse essere il risultato finale, cioè piratare quanto meno i fluffy buttermilk scones che vendono a Berlino da Caras, e che si avvicinano molto agli originali americani. Gli spunti più "rappresentativi" vengono dalle ricette di Annabelle White e Nigella Lawson. 
  • 300 g. di farina 0 (#550);
  • 80 g. di zucchero;
  • 1 cucchiaino di bicarbonato;
  • 1 cucchiaino di cremor di tartaro;
  • 25 g. di burro;
  • 12 g. di margarina;
  • un cucchiaino di zucchero con vaniglia;
  • 150 g. di latticello, insomma buttermilk, siero (al supermercato bio);
  • un pizzico di sale;
  • uvetta, o altra frutta (secca o fresca);
  • zucchero di canna per spolverare.
Sbriciolate burro e margarina (freddi) sulla farina mista a zucchero, sale, bicarbonato e  cremor di tartaro e miscelate rapidamente per ottenere delle briciole. Più rapido è il procedimento e meglio è, perché l'impasto sarà più friabile. Poi aggiungete il latticello e impastate rapidamente, giusto per combinare gli ingredienti, senza lasciar sviluppare glutine. Agiungete a questo punto l'uvetta. Lasciate cadere l'impasto a cucchiaiate sulla teglia rivestita di carta forno - dovrete ottenere 6-8 porzioni -, spolverate con un po' di zucchero di canna e cuocete a 180 gradi per 12-15 minuti circa, finché i pasticcini sono asciutti anche alla base, ma ancora morbidi. Si mangiano divisi a metà e farciti con marmellata e clotted cream, ma io li trovo buonissimi anche da pucciare nel latte (e se no che ci sta a fare la globalizzazione: dobbiamo necessariamente seguire l'uso inglese? e inventiamo, no?). Ben chiusi si conservano almeno per quattro giorni!

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