Ensaimadas di Maiorca




L'anno scorso mi sono trovata a passare per Barcelona e volevo assolutamente provare la brioche che piace tanto ai catalani, la ensaimada (anche se sarebbe, in realtà, più una specialità di Maiorca): una brioche sfogliata arrotolata a spirale che deve il suo nome all'ingrediente base della sfogliatura, lo strutto,  in catalano saim (come da qualche parte in Sicilia, 'a saími).  
Come sempre, mi ero documentata bene sui posti dove trovare le migliori. Tutte le strade portavano al Forn Mistral della Calle Sant Antoni, o, in alternativa, da Formentor. Quindi, una bella mattina, con la coscienza pulita grazie all'allenamento sportivo sul lungomare, mi metto in cammino, arrivo alla calle Sant Antoni e mi dirigo con piglio sicuro da Mistral
Sorpresone. Era agosto: chiuso per ferie. 
Ok, piano B, andiamo da Formentor. Altri venti minuti di metro.
Sorpresone 2: chiuso per ferie.
Possono quindici anni di vita expat fare dimenticare che in ferie si va in agosto, e che agosto in certi posti, compreso quello da cui vengo io, vuol dire tutto chiuso e arrangiatevi? Pare di sì. Almeno nel caso mio. E dire che sono di Palermo.
C'era però un piano C, ed era Escribà, che, per chi ci volesse andare, si trova sulla Gran Via de las Cortes Catalanes. Lì ci fu la salvezza, e ne valeva la pena. 

Dunque com'è l'ensaimada? Di per sé lontana dall'avere un sapore deciso, come certi cornetti; anzi, direi che è molto delicata, quelle che vendono possono essere piuttosto grandi ma leggerissime quanto alla consistenza (solo quello, temo). Così:

Quella base si chiama lisa, liscia e non contiene alcun ripieno, ma esistono varianti con crema, cioccolato, o la speciale marmellata di zucca nota in Spagna come cabello de àngel - solo che di quelle non vi so parlare, non avendole provate. Peggio ancora la versione che contiene una salsiccia.
Se mai, in quei cinque giorni ho esteso l'indagine sulla migliore ensaimada di Barcelona a una pasticceria che aveva anche vinto un premio e ad un panificio di quartiere, con il seguente risultato: Escribà vince, i panifici di quartiere è proprio il caso di visitarli, il premio lascia invece il tempo che trova.

Qui però niente: non si trova, anche ad averne voglia, quindi bisogna mettersi all'opera. La ricetta non è difficile né da trovare, né da realizzare: da trovare no perché il prodotto è DOP ed esiste un disciplinare specifico approvato nel 2003, da realizzare nemmeno, anche se è possibile che il primo tentativo vada così-così. Le dosi sono sempre per un esercito (esistono ensaimadas formato famiglia), ho dovuto ridurle molto e già così si ottengono 5 brioches o 4 proprio maxi. La lievitazione lunghissima (12 ore) è essenziale per la buona riuscita e dovete tenerne conto nel pianificare il lavoro. In compenso l'impasto è molto semplice. La ricetta originale non comprende il sale, ma non la ricordavo completamente sciapa, quindi già al secondo tentativo mi sono presa la libertà, come pure quella di aumentare leggermente la quantità di zucchero nell'impasto secondo l'esperienza di Barcelona.

  • 175 g. farina forte (Manitoba)
  • 80 g.  zucchero
  • 30 g. lievito madre rinfrescato 3 volte nella stessa giornata
  • 30 g. uovo intero
  • 0, 75 g. lievito di birra liofilizzato
  • 70-75 g. acqua (la farina decide)
  • un pizzico di sale
Mettere tutto nella ciotola dell'impastatrice e lavorare prima a bassa velocità, aumentando gradatamente. Bisogna ottenere un impasto elastico e bene incordato. La cosiddetta prova del velo in questo caso è non solo importante come segnale, ma addirittura decisiva, perché in fin dei conti ogni strato della sfogliatura è un velo sottilissimo, come vedremo tra poco. 
Quando l'impasto è pronto, si stacca dalle pareti lasciandole pulite (in caso di impasto eccessivamente appiccicoso aggiungere poca farina a spolverate, con molta cautela perché esagerare è facile) ribaltarlo su una superficie leggermente unta, fare una pirlatura e mettere la boccia così ottenuta di nuovo nella ciotola a lievitare. Il forno spento è l'ideale, dovrà restarci fino al raddoppio. Serviranno circa tre ore a seconda della temperatura.

Al raddoppio, riprendere l'impasto e suddividerlo a porzioni da 85-90 g. circa. Formare delle palline e lasciare distendere per mezz'ora. A questo punto entra in scena lui, lo strutto. Ce ne vuole la quantità giusta, che sarebbe almeno 50 g. Dovesse restarne, lo buttate via o ci fate ciò che volete, tutto è meglio che usarne troppo poco, perché compromette il risultato.
Chi è avaro con lo strutto otterrà qualcosa del genere, che è una buona brioche, ma non un'ensaimada:

Stendete una pallina d'impasto su un piano leggermente (!) infarinato, in una sfoglia sottile. A un certo punto il matterello non va più bene e bisogna proseguire a mano come per la pasta dello strudel: prendere una buona noce di strutto, spalmare la sfoglia e iniziare a tirare e allargare da tutte le parti, fino a che non diventa un rettangolo quasi trasparente. Se si rompe in qualche punto non fa nulla, l'importante è che sia sottilissima e ben unta. Cominciate ad arrotolare da uno dei lati lunghi, e formare un serpentello. Mettere da parte e proseguire con il resto delle porzioni.
Terminata l'operazione mettete i serpentelli sulla teglia rivestita di carta forno, arrotolandoli a spirale. Attenzione: lasciate spazio tra i vari giri, perché si riempirà durante la lievitazione, altrimenti le brioches non avranno la forma giusta. Coprite con pellicola e lasciate stare per 12 ore: conviene organizzarsi per farle coincidere con la notte.
Se tutto è andato bene, e non c'è motivo per cui non debba essere così, le vostre ensaimadas avranno raddoppiato il loro volume e riempito tutti gli spazi. È il momento della cottura: 20 minuti a 190 gradi con una vaschetta d'acqua per creare vapore, gli ultimi 5 minuti con lo sportello leggermente aperto. Spolverate abbondantemente con zucchero a velo!

P.S. Posso usare il burro o la margarina? No: non è la stessa cosa, né come sapore né come effetto finale. Compratevi un croissant e chiamatelo croissant... Ovvio che va usato uno strutto di ottima qualità, perché il dolce non sappia di prosciutto!

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