Tetù


Ottobre sta per finire e mentre qui cominciano i preparativi (più che altro, commerciali) per i pasticciamenti natalizi - vi ho già raccontato che novembre e dicembre sono i mesi dei biscotti, non fosse che per il clima proibitivo che non fa venire in mente molto altro da fare - a me è venuta voglia di roba siciliana. Ho pensato ai pasticcini tetù che a Palermo si mangiano per la "festa dei Morti" insieme ai taralli e fanno parte di quelle cose che da ragazzina non mi piacevano per niente. Un motivo, credo, c'è: è che a me piaceva moltissimo il cioccolato, e quella copertura che prometteva cacao e invece si rivelava essere glassa di zucchero - "al" cacao, ma sempre di zucchero - mi sembrava una presa in giro, una truffa. Insomma: deludente. Adesso, invece, li apprezzo molto di più, ma un perché non l'ho ancora trovato. Ecco la sicilianissima ricetta, dalla Cucina siciliana di Alba Allotta.
  • 500 g. di farina 00 (#405);
  • 150 g. di strutto;
  • 150 g. di mandorle macinate a farina;
  • 1 uovo;
  • 1 bustina di lievito per dolci o 1 cucchiaino di bicarbonato;
  • un pizzico di sale;
  • semi di un baccello di vaniglia;
  • 150 g. di zucchero;
  • latte per impastare.
Si impasta la farina a fontana, mista al lievito, al sale e alla vaniglia, con l'uovo e lo strutto, aggiungendo del latte per ammorbidire il composto. La frolla deve essere, alla fine, morbida ma non appiccicosa e dovrà permetterci di formare agevolmente palline grandi quanto piccole noci. Si mettono su una teglia foderata e si cuociono per mezz'ora circa - perché dentro devono essere cotte, ma morbide - in forno caldo a 170º. Nel frattempo si prepara una glassa: si può utilizzare quella con l'albume, per cui servono circa 2 albumi per ogni 250 g. di zucchero a velo, o quella normale che utilizza qualche cucchiaino d'acqua per diluire. Se utilizzate l'albume, bisogna sbatterlo in una ciotolina aggiungendo lo zucchero a velo a pioggia. Aggiungere alla fine un paio di cucchiaiate colme di cacao amaro - quello che avevo io in casa era zuccherato, cosa che spiega il colore un po' più chiaro dei miei tetù - e spennellare i biscotti; rimetterli in forno per qualche minuto per asciugare la glassa. Se usate invece la glassa semplice, si asciugheranno da soli.
Bisogna dire che i tetù si fanno, normalmente, bicolori: cioè, metà si glassano con glassa semplice, aromatizzata al limone, e l'altra metà con la glassa scura. Il che, secondo alcuni, spiegherebbe in parte perché si chiamano così: té tu, té io, cioè: uno a te, uno a me, intendendo uno per ciascun tipo!

Commenti

  1. Ma sai che non ho mai sentito parlare di tetù? Forse io li chiamo con un altro nome... sono come i taralli?
    In ogni caso, quando vieni a mangiarli direttamente a Palermo? Io ti aspetto!

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  2. No, i taralli sono quelli a ciambella, però hanno un impasto leggermente diverso. Questi si trovano dappertutto in città...forse in alcuni bar li chiamano diversamente. Io penso che verrò a mangiare il panettone, a Palermo...ancora devo decidere quando partire per fare quadrare tutto con le cose da fare qui e lì!

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